Chi SONO

Ininterrottamente dal 01.03.1974 a tutt’ oggi. Dal 01.03.1974 al 30.11.1980 l’ IOMI di Messina. Dal 01.12.1980 l’ ex USL 48 di Messina, successivamente trasformata in ASL 5 ed in ultimo in ASP 5 nella Regione Sicilia. A tempo pieno. Dirigente Responsabile della Sezione Autonoma di Ortopedia e Traumatologia nel P.O. di Sant’Agata di Militello (ME) e successivamente (dal Gennaio 1999) Direttore dell’ U.O.C. di Ortopedia e Traumatologia nello stesso P.O. di Sant’Agata di Militello e dal 12.02.1998 nell’ aggregata U.O.S. nel P.O. di Patti e, dal 15/03/13, nell’ U.O. di Mistretta. Direttore del Dipartimento di Chirurgia dell’ Asp 5 di Messina, dall’ inizio del 2003 a Gennaio 2011. Dal 25 Agosto 1992 al 31 Agosto 1993 è stato nominato Consulente Scientifico (per l’ impiatistica protesica di anca e ginocchio) nella Clinica “Villa Salus” di Augusta (SR). Dal 01.09.14 a tutt’ oggi esegue attività chirurgica di Ortopedia e Traumatologia presso la Casa di Cura “Carmona” di Messina e presso la Clinica Latteri/Valsalva” di Palermo. Dall’ inizio di Dicembre 2014 fino al 31 Dicembre 2016 è consulente per l’ impiantistica protesica di anca presso la Clinica “Mangioni Hospital” di Lecco. CONTINUA, APRI il CURRICULUM>>>

ALCUNI INTERVENTI ESEGUITI

PATOLOGIE CURATE / La Cifoplastica

La Cifoplastica Percutanea è un trattamento impiegato nei pazienti affetti da fratture vertebrali osteoporotiche dolorose da compressione di recente insorgenza, consentendo al paziente di recuperare la postura corretta e la totale mobilità. Si chiama cifoplastica e consiste nell`inserimento di un piccolo palloncino per via percutanea nella vertebra fratturata: il palloncino viene gonfiato e il corpo vertebrale collassato riacquista la forma e l`altezza originarie. Viene a questo punto iniettato il cemento osseo per stabilizzare la vertebra. L`intervento - La procedura operatoria dura mediamente mezz’ ora e viene fatto in anestesia locale, totale o peridurale, a seconda delle condizioni di salute del paziente, che rimane in osservazione per precauzione per 24 ore. E' richiesto un solo giorno di ospedalizzazione quindi i pazienti possono ritornare immediatamente a svolgere le normali attività della vita quotidiana.

PATOLOGIE CURATE / L’instabilità lombare

L’instabilità vertebrale lombo-sacrale rappresenta una patologia di carattere degenerativo, traumatico o anche congenita. I sintomi sono spesso sovrapponibili, con l'eccezione dell'instabilità da trauma vertebrale acuto. Il dolore è posturale (condizionato dalla posizione del corpo), manifesto in certi momenti della giornata (alzandosi dal letto) ed accentuato dalla stanchezza. A volte (e questo si riscontra soprattutto nelle forme associate a stenosi del canale vertebrale), interviene un torpore o senso di addormentamento e debolezza agli arti inferiori. Il Paziente con instabilità lombo-sacrale ha difficoltà alla deambulazione protratta, che a volte si riduce a pochi centinaia di metri.Nell'instabilità vertebrale acuta post traumatica il dolore è locale, in corrispondenza delle vertebre fratturate. L'instabilità di origine degenerativa è la più frequente ed interessa le ultime vertebre lombari. Nei casi conclamati si parla di spondilolistesi, altrimenti rientra nel quadro più generale della spondilosi (degenerazione con l'età e con l'usura della colonna vertebrale). In questo capitolo rientra la stenosi, le fratture osteoporotiche, la microinstabilità con ipertrofia dei legamenti. L'usura, e l'invecchiamento delle parti osteolegamentose comportano una perdita di solidità articolare, riducendo lo spazio per le strutture nervose, in questo caso il cono midollare e le radici nervose lombo sacrali. E' intuibile che i "nervi" (le radici nervose) vengano sollecitate abnormemente producendo dolore e limitazione motoria. L'osteoporosi aggrava questo quadro, associando eventualmente uno "schiacciamento" vertebrale. La terapia è polimodale, e comprende l'ampliamento chirurgico del canale neurale, con tecnica tradizionale e meno spesso, mininvasivo, la stabilizzazione in una delle sue varianti, la cementificazione vertebrale. Le forme traumatiche conseguono ad incidenti o cadute, più comunemente si tratta di traumi stradali. Una o più vertebre presentano "fratture" visibili radiologicamente. Prevale il dolore locale e possono associarsi a danno neurale, con dolore acuto, paresi o paralisi. Spesso in questi casi si richiede una stabilizzazione con barre e viti.

PATOLOGIE CURATE / Protesi anca

L’artroprotesi d’anca (o protesi totale d’anca) è un’articolazione artificiale realizzata in leghe metalliche, materiali plastici e/o ceramiche, che sostituisce l’anca ammalata, eliminando la fonte del dolore in modo efficace e permanente. La protesi d’anca è costituita da una coppa e da uno stelo, che vengono inseriti rispettivamente nell’acetabolo e nel femore. Sullo stelo viene assemblata una testa protesica, in metallo o ceramica, che si articolerà con la superficie interna della coppa.

PATOLOGIE CURATE / Protesi ginocchio

L’articolazione del ginocchio risulta costituita dall’estremità distale del femore, l’estremità prossimale della tibia e dalla rotula. Tra femore e tibia per rendere maggiormente congruenti le superfici articolari sono presenti due cuscinetti ammortizzatori: i menischi. Le ossa sono unite tra loro dalla capsula che avvolge l’intera articolazione e dai legamenti: il legamento crociato anteriore, il legamento crociato posteriore e i legamenti collaterali che conferiscono maggiore stabilità al ginocchio. L’artrosi del ginocchio, o gonartrosi, è la più comune malattia del ginocchio in età senile. E’ una malattia cronico-degenerativa, che porta ad un danno articolare crescente fino a comportare un grado significativo di disabilità. Essa si può verificare sia per una sollecitazione eccessiva della stessa articolazione, sia per un cattivo allineamento degli stessi capi articolari di tibia e femore, nelle condizioni riconosciute come valgismo o varismo sia quando si determina una eccessiva usura dei capi articolari ed una compressione delle strutture capsulo-legamentose. Succede, cioè, che la cartilagine di cui sono incrostati i capi articolari degenera e va in usura, determinando l’infiammazione delle strutture stesse, fino a quando si affrontano i condili del femore con i piatti tibiali. Inizia così il processo dell’artrosi che si manifesta con zoppia sino all’immobilità. Fattori predisponenti alla gonartrosi sono l’ eccesso di peso, il diabete, i dismetabolismi, l’ osteoporosi, e le patologie della cartilagine, le osteocondriti, la condromalacia della menopausa, le meniscopatie. Questa patologia si caratterizza pertanto, dapprima, per dolore al camminamento, un dolore che insorge gradualmente, riferito in concomitanza della rotula, nella faccia interna del ginocchio e posteriormente, soprattutto quando si salgono e scendono le scale e, quindi, subentra una rigidità articolare che ne deriva, con impotenza funzionale. Nei movimenti di flessione sono presenti scrosci articolari. Se non si pone rimedio alla causa della patologia, i dolori si acuiscono e la capsula articolare si ispessisce, mentre il ginocchio appare più gonfio del contro laterale, spesso per il liquido che si forma nella sinovia infiammata. Il paziente finisce per compiere solo qualche passo, non riesce, per esempio, a salire e soprattutto a scendere gli scalini, talora si blocca mentre sta deambulando. L’artroprotesi di ginocchio (o semplicemente protesi di ginocchio) è un’articolazione artificiale realizzata in leghe metalliche e materiali plastici, che sostituisce il ginocchio ammalato in toto (protesi totale) o parzialmente (protesi monocompartimentale), eliminando la fonte del dolore in modo efficace e permanente. La protesi è costituita da una componente tibiale e da una componente femorale, che vengono fissate all'osso attraverso l'impiego di cemento acrilico. Meno comune, a differenza della protesi d'anca, è l'impiego di componenti porose senza cemento. Sulla componente tibiale viene assemblato un inserto in polietilene, fisso oppure rotante a seconda del modello protesico. La sostituzione protesica del ginocchio è indicata in tutte le gonartrosi, primarie e secondarie, nel momento in cui la sintomatologia non è più controllabile con le cure mediche e fisioterapiche.Anche le artriti (artrite reumatoide soprattutto) possono richiedere un intervento protesico quando l'articolazione sia stata irreversibilmente danneggiata. La protesi totale è indicata laddove il ginocchio sia interessato da un processo degenerativo globale, ovvero che coinvolge più di uncompartimento. In questi casi una sostituzione parziale, ovvero di un solo compartimento, porterebbe inevitabilmente al fallimento. Al contrario, la protesi monocompartimentale costituisce la soluzione ideale nelle ginocchia che presentino un danno limitato ad un solo compartimento (più spesso quello mediale). Questa protesi, infatti, permette di conservare gran parte dell'articolazione naturale, riducendo così l'invasività della procedura chirurgica. Le protesi attualmente disponibili hanno una sopravvivenza media di circa 15 anni, ma la variabilità individuale è grandissima. Il peso corporeo e il livello di attività fisica sembrano incidere in modo determinante sulla durata dell'impianto. Questo fa sì che un paziente anziano, magro e con basse richieste funzionali possa ragionevolmente ritenere che il suo impianto sia "per sempre". Non così un giovane attivo e sovrappeso, per il quale il rischio di andare incontro ad un intervento di riprotesizzazione è concreto. Nelle forme iniziali caratterizzate da una significativa deviazione assiale (ginocchio varo o valgo), è possibile eseguire interventi correttivi (le cosiddette osteotomie) che, riallineando l'arto, arrestano o rallentano la degenerazione articolare. In questo modo è possibile, su pazienti relativamente giovani, posticipare di molti anni o persino evitare la sostituzione protesica del ginocchio.

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